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Unioni tra persone omosessuali: un inizio

L’11 maggio 2016 il ddl Cirinnà è stato approvato dalla Camera e dal Senato, finalmente una legge regolamenta le unioni tra persone dello stesso sesso rendendole visibili alla società.

La comunità LGBTIQ non esulta ma riparte da qui per chiedere uguali diritti e uguaglianza sociale indipendentemente dall’ orientamento sessuale.

Nessuno si sognerebbe mai di vietare il matrimonio ad una persona mancina, di colore o con una malattia autoimmune, eppure l’orientamento sessuale sembra essere tuttora considerato un fattore discriminante per accedere a diritti che dovrebbero spettare a tutti i cittadini.

Purtroppo il testo del ddl Cirinnà, stralciato e mutilato, non crea uguaglianza ma viola le pari dignità delle persone omosessuali. Non uniformando le unioni tra due persone omosessuali al matrimonio, continuano a persistere le discriminazioni e si traccia una linea di confine tra cittadini a pieni diritti (e doveri) e cittadini a parziali diritti (e doveri).

Parafrasando, si sottolinea come un uomo gay sia un mezzo uomo e una donna lesbica sia una mezza donna, ad entrambi manca qualcosa per avere gli stessi diritti delle persone eterossuali.

Questo non è altro che l’ennesimo atto di omofobia, stavolta attuato da parte dello Stato. Si rischia così di alimentare le discriminazioni e l’omofobia, scrivendo leggi diverse per “diverse categorie” di cittadini.

Infatti questa legge mantiene ed alimenta la discriminazione verso le persone omosessuali e le famiglie omogenitoriali. In questi mesi è stato sottolineato più volte che la famiglia è una sola: è fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

Proprio per questo non si è potuto e non si è voluto parlare di matrimoni gay, utilizzare la parola “matrimonio” avrebbe portato a nuovi scontri in Parlamento con immaginabili epiloghi negativi.

Ora la legge c’è, molti la considereranno un contentino, molti altri ci vedranno una speranza per una futura reale uguaglianza sociale, dal punto di vista psicologico questa legge rompe uno schema, una situazione che perdurava da più di 30 anni: decenni in cui le coppie omosessuali non avevano nessun diritto e quindi, di fatto, non esistevano davanti alla legge.

Provando a leggere questo evento in un’ottica sistemica e rifacendoci alla Pragmatica della Comunicazione di Watzlawick sappiamo che sono maggiori le conseguenze patologiche di una disconferma rispetto a quelle di un rifiuto.

La disconferma dell’esistenza di una persona porta alla perdita del Sé, William James scrisse: “Se fosse realizzabile, non ci sarebbe pena più diabolica di quella di concedere a un individuo la libertà assoluta dei suoi atti in una società in cui nessuno si accorga mai di lui”.

Nell’iter legislativo del ddl Cirnnà sono stati stralciati e quindi rifiutati alcuni diritti fondamentali (quali l’adozione del figlio del partner) ma per quanto possa essere doloroso, il rifiuto presuppone il riconoscimento, sia pur limitato, di quanto si rifiuta.

In sintesi, ora le coppie omosessuali esistono ed esistono i loro figli e per quanto dolorosa può essere la delusione di un mancato pieno riconoscimento, è un punto di partenza da cui si può lavorare per un futuro egualitario. Tale situazione non sarebbe stata possibile se ancora una volta fosse passato il messaggio “le coppie omosessuali non esistono di fronte alla legge”.





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