BLOG

L’utero è mio e lo gestisci tu?

In riferimento alla posizione di Arcilesbica Nazionale di risoluto rifiuto della maternità surrogata, vista come pratica di assoggettamento del corpo femminile al mercato, l’Associazione NUDI vuole fornire degli spunti di riflessione sulle implicazioni psicologiche di una posizione tanto radicale. In quanto associazione impegnata nella promozione del benessere di persone LGBT+, NUDI ha sempre sostenuto e riconosciuto il grande lavoro che ArciLesbica ha svolto negli anni nei riguardi delle donne lesbiche, reputando proficuo collaborare anche in occasione di eventi pubblici; ritiene però opportuno dissociarsi da questa ultima presa di posizione ideologica.

L’attuale linea di pensiero di ArciLesbica Nazionale in materia di gpa, a nostro parere, non tiene conto della volontà e della libertà della donna che – scegliendo di mettersi a disposizione di una coppia che desidera un/a figlio/a – compie un gesto di autodeterminazione. Scoraggiare tale pratica contro quella che viene vista come mercificazione e sfruttamento della donna può superficialmente avere un’intento di “protezione”, ma la conseguenza è un atto di sopraffazione e discriminazione in cui ci si pone davanti all’altra, decidendo per lei.

Non è la stessa dinamica di chi è contrario alle famiglie omogenitoriali, dichiarando di voler proteggere bambini? O di chi auspicava la sterminazione di chi si discostasse dai canoni della purezza ariana in nome della perfezione della razza?

L’ultimo è un paragone molto forte, ma solo se si legge il parallelo secondo la portata delle conseguenze avute da ognuna di queste situazioni; se ci si focalizza sulla pretesa morbosa di decisione sulla vita altrui il paragone risulta confacente.

Anni e anni di femminismo, lotte pagate anche a duro prezzo per la libertà della donna, per far sì che questa fosse scevra dalle costrizioni e dalla subordinazione in cui la società patriarcale la relegava. Ora sono le stesse donne che vogliono vietare il diritto all’autodeterminazione delle donne? Perché la donna non viene considerata in grado di intendere/volere/decidere della propria vita, di scegliere di entrare in un progetto di procreazione al servizio di una coppia che autonomamente non può farlo? Perché le si vuole negare – assumendo una prospettiva femminista – la possibilità anche di sbagliare? Si potrebbe istituire un parallelo con una mamma “castrante” – termine che sicuramente stona con il femminismo radicale, ma appropriato nell’ottica psicodinamica – padrona e limitante che non permette l’emancipazione e l’autonomia della sua prole.

Altro punto fondamentale per cui ci sentiamo distanti dalla posizione di Arcilesbica Nazionale è la discriminazione nei confronti delle coppie gay: condannare la gpa significa tagliare fuori dal progetto di genitorialità le coppie omosessuali che non vogliano/possano ricorrere all’adozione. E’ destabilizzante vedere come l’ideologia femminista radicale, al grido di “la madre non si cancella”, prenda il sapore discriminatorio dei movimenti anti LGBT che, tra le altre cose, assegnano le funzioni di cure parentali in base ai generi, contrariamente a ciò che la letteratura scientifica afferma da decenni. Allo stesso modo, un atteggiamento netto di chiusura si allinea alla differenziazione tra figl* di serie A e figl* di serie B che in passato e tutt’oggi la politica ha attuato, con la differenza che tale spacco in questo caso è interno al movimento.

Inoltre, nonostante all’interno di ArciLesbica siano ufficialmente accettate le donne MtF, dichiarazioni appartenenti al recente passato di stampo transfobico lasciano dubbi sull’accoglienza piena delle diversità queer. Tutto ciò diventa emblema di un pensiero cieco e fortemente etichettante per cui chiunque non sia donna cisgender è visto come un pericolo da tenere a distanza. Il mondo LGBT si scontra quotidianamente con attacchi esterni, da parte di chi non accetta una realtà identitaria non etero-cis-normativa; posizioni interne di discriminazione, distanza e odio mortificano la pluralità e creano scissioni che viaggiano nella direzione opposta rispetto al confronto e all’inclusione, unica possibilità coerente adottabile da quelle che vengono ritenute le minoranze sessuali.

 





Leave a Comment (0) ↓